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I Grassi - Francesco Favorito
Francesco Favorito

I Grassi

I grassi sono una componente fondamentale per le caratteristiche organolettiche dei nostri cibi e per la perfezione del mantenimento dello stesso.

I lipidi interagiscono con la struttura del glutine e degli amidi, consentendo l’aumento della sua estendibilità, dando vita a impasti più elastici o plastici.

La materia grassa può formare una pellicola sul panificato che ne rallenta la lievitazione rallentandola, perché sigilla l’impasto dal contatto con l’esterno, non permettendo ai microorganismi dei lieviti di nutrirsi di aria., e dal contatto con gli elementi presenti al suo interno, come l’acqua. Aggiungere troppo grasso nei prodotti, addirittura può dare il blocco totale alla lievitazione, causando anche una veloce ossidazione dello stesso, con gusto finale stantio.

È comune pensare che il grasso sia l’elemento che rende morbido il prodotto, mentre la realtà è che ad avere questo effetto sono per l’acqua, prima di tutto, e gli zuccheri. Il grasso rende il prodotto saporito al palato, lo rende morbido perché se scaldato a una temperatura di oltre 26 °C il grasso si ammorbidisce e restituisce al consumatore la sensazione di morbidezza.

Il grasso è un ottimo conservante, riesce a legare l’acqua, ma occorre “legarlo” con degli emulsionanti naturali, come la lecitina di soia, presente nel tuorlo di uovo o le farine leguminose. Spesso troviamo nei prodotti alimentari emulsionanti chimici che consentono la sofficità degli impasti; i più noti sono E472, E471, E471b che, per effetto di nuove indicazioni, sono talvolta riportati come mono e digliceridi degli acidi grassi, che sarebbe opportuno evitare, avanti con i prodotti che non li contengono, che ti indiacano che occorre “scaldare il prodotto” che ha una durata minima, questo è il mangiarsano. Ma di cosa di tratta? Gli emulsionanti sono prodotti da oli vegetali, come cocco, palma, mais, o da scarti animali derivanti dalla loro macellazione, quali unghie, corna e grasso (il consumatore Vegano o Vegetariano, infatti, evita di assumere prodotti che contengono emulsionanti).

A livello di composizione, occorre ricordare che all’interno di ogni tipo di grasso, solido o liquido, sono contenute le tre forme di gliceride, per cui si individuano acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Partendo dal presupposto che tutti i grassi vengono utilizzati nel campo alimentare, si deduce che i prodotti che acquistiamo hanno al loro interno tutti e tre questi acidi grassi. Il burro, per esempio, è un grasso solido con una presenza maggiore di acidi grassi saturi nella sua composizione; viceversa, l’olio extravergine d’oliva, grasso liquido, ha nella sua composizione una maggiore presenza di acidi grassi insaturi. Nella tabella di seguito riportiamo la composizione dei grassi.

GRASSI

Lipidi tot

Saturi

Monoinsaturi

Polinsaturi

Olio di semi di soia

100

25.02

22.76

58.96

Olio di semi di mais

100

14.96

30.66

50.43

Olio di semi di girasole

100

11.24

33.37

50.22

Olio di semi di arachide

100

19.39

52.52

27.87

Margarina 100% vegetale

81

25.47

35.47

17.01

Olio di semi di palma

100

47.10

38.92

12.58

Strutto

99

42.47

43.11

11.70

Olio extravergine d’oliva

100

16.6

74.45

8.84

Burro

83.4

48.78

23.72

2.75

In particolare, gli olii contenenti grandi quantità di acidi grassi polinsaturi non vanno utilizzati per le fritture. Insomma, i famosi grassi omega-3, della cui utilità nella prevenzione delle malattie cardiovascolari tanto si parla, se sottoposti ad alte temperature diventano instabili e producono residui nocivi per il nostro corpo. Analogo discorso per gli omega-6.

Contrariamente a quanto si pensa, inoltre, non è il colesterolo introdotto con l’alimentazione ad aumentare la colesterolemia, ma il consumo di alcuni acidi grassi saturi, contenuti negli alimenti, anche se non tutti i grassi saturi agiscono nello stesso modo. Conosciamo meglio i grassi indicati.

L’impiego dei grassi in cottura, inoltre, deve rispettare in ogni momento il punto di fumo del grasso, di seguito indicato come “PF”, ovvero la temperatura massima raggiungibile prima che questo inizi a bruciare e a decomporsi creando sostanze tossiche. Il rispetto di questa temperatura è fondamentale per la qualità nutrizionale e organolettica di un alimento, oltre che per la sua conservazione. Capita spesso che al ristorante ci vengano servite delle patatine con un cattivo odore (fritto odoroso) o che i nostri abiti odorino di fritto, entrambi segni che il punto di fumo del burro, dello strutto, dell’olio di oliva o di quello di semi non è stato ben gestito.

Burro: è un alimento molto noto, impiegato specialmente nord Italia, che è la parte grassa del latte, separata dal siero e condensata. L’effetto di questo procedimento è un’emulsione, principalmente di acqua, in cui nei grassi risultano disciolti zuccheri e proteine. Per legge il burro deve avere una percentuale di grassi superiore all’80%, una parte secca non grassa del 2% e acqua non superiore al 16%; ha PF 120 °C. Il burro anidro o chiarificato è invece una crema ottenuta dal latte, dalla crema di latte o dal burro tramite un processo di estrazione di acqua e residuo secco non grasso. Si ottiene così una sostanza molto grassa, composta almeno dal 99,3% di grassi del latte, da acqua in percentuale massima dello 0,5% e dallo 0,2% vanillina, o sale.

Questo grasso ha punto di fumo di 252 °C, di molto superiore a quello del burro originario. Inoltre, è molto denso, occupa meno volume rispetto al burro tradizionale, si conserva più a lungo e non viene venduto al dettaglio. È largamente utilizzato nella produzione dolciaria ed è presente in molti tipi di cioccolato anche fondente; naturalmente, derivando dal latte vaccino il burro non è adatto a vegani e intolleranti al lattosio.

Latte: viene prodotto dai mammiferi femmine come nutrimento del proprio cucciolo. Il consumo del latte oltre l’anno di vita è un’abitudine sopravvalutata nella sua portata benefica, perché si pensa apporti proteine o calcio; tra l’altro l’uomo è l’unico mammifero che consuma latte, oltre la fase di svezzamento. Come grasso, però, il latte è un ingrediente importante perché il 4% del latte è costituito da grasso e proteine, ideale per legare glutine e amidi, ed è per questo motivo che lo si impiega in pasticceria o in molte preparazioni, sia allo stato liquido (fresco, UHT), sia in polvere, quest’ultimo che si ottiene tramite il processo di disidratazione dello stesso latte, a mezzo calore. Per le migliori lavorazioni, è ideale preferire il latte in polvere, così si utilizzano la migliore sostanza grassa e le proteine presenti senza aggiunta di acqua, il latte in polvere è il concentrato di quello che ci occorre, usando solo latte liquido invece troviamo più acqua portando l’impasto a divenire più molle.

Margarina: per definizione si ottiene dall’emulsione con acqua di uno o più grassi alimentari di origine animale o vegetale, diversa per natura dal burro o dallo strutto, deve contenere almeno l’84% di materia grassa. I grassi che si utilizzano per la produzione di questo prodotto possono anche aver subito manipolazioni che modificano in tutto o in parte i caratteri fisici o chimico-fisici del grasso in partenza. Negli anni la tecnologia alimentare ha migliorato la composizione della margarina, rendendo più gradevoli al palato e salutari i grassi utilizzati per produrla. Essendo grasso vegetale puro, ideale negli impasti composti di glutine o amidi, e se fatta con materie prime nobili (solo olii vegetali) oltre alla ottima tenuta di temperatura, è anche un ottimo conservante naturale dato che non  ossida all’interno dei cibi.

Strutto: si ottiene per estrazione a caldo (fusione) dei tessuti adiposi addominali dei maiali e viene commercializzato sotto forma di tre qualità: liscio, granuloso o a fiocchi. Viene usato spesso nella lavorazione di alcune ricette tipiche regionali, come quelle dolci del periodo carnevalesco. Dato il suo elevato contenuto di acidi grassi saturi si consiglia di limitarne l’impiego gastronomico; si utilizza per la panificazione, perché è un caratterizzante nei pani italiani come pani regionali e derivati del pane tipo taralli, e per la fritture visto che ha PF 120 °C. L’industria alimentare lo impiega specialmente per taralli o grissini, ma ormai sta quasi scomparendo dall’uso anchedal fatto della multirazziaità della popolazione europea.

Olii di oliva: è l’eccellenza della tavola mediterranea, pieno di natura e profumi. L’olio di oliva si ricava dai frutti dell’olivo, una pianta appartenente alla famiglia delle Oleacee e contiene circa il 98% di grassi. Viene commercializzato nelle seguenti tipologie:

Visto il contenuto di acidi grassi monoinsaturi dell’olio extravergine d’oliva il suo consumo in cucina è consigliato, specie a crudo, come condimento e come grasso di conserva; inoltre, il suo elevato punto di fumo lo rende adatto alle fritture. Negli impasti quello extravergine dona un certo sapore al prodotto e ha la caratteristica di acidulo profumato erbaceo,; viene quindi utilizzato nella panificazione e nei derivati del pane. Tra gli altri oli provenienti dalle olive, invece, si può utilizzare in cucina per cibi sani e altamente digeribili, ma soprattuto per cucina per intolleranze e il consiglio è evitare il consumo di grassi non vegetali perché derivati dai latticini.

Olii di semi: si ottengono dai semi oleosi di diverse piante sopposti a forte spremitura e pressatura, oppure mediante estrazione con solventi chimici e successivamente rettificati. In pasticceria e in cucina, gli olii di semi trovano impiego grazie al loro elevato punto di fumo, ma va detto che tra i numerosi oli presenti sul mercato ve ne sono alcuni più stabili e resistenti alle alte temperature e altri che si decompongono più facilmente. Occorre quindi preferire l’impiego di olii di semi come scritti nella tabella , mentre l’industria alimentare li utilizza tutti.

La formazione di sostanze tossiche dipende dalla temperatura e dal tempo di esposizione al calore, dalla concentrazione di acidi grassi polinsaturi e dal punto di fumo dell’olio. Dai semi si ottengono:

Altri olii: esistono olii non provenienti da olive o semi, che trovano impiego gastronomico in diversi prodotti, a livello industriale e familiare. Ne presentiamo alcuni:

Si capisce, quindi, che il concetto di “grasso alimentare” non è da demonizzare, ma da comprendere nelle tanti vesti che può assumere, come si è visto. Nella cucina di tutti i giorni abbiamo la possibilità di scegliere il grasso da impiegare e di acquistare prodotti che contengono solo grassi che stimiamo e che hanno caratteristiche di pregio. Il grasso è parte fondamentale per il nostro organismo, non demonizziamolo, ovviamente i grassi da non farne un largo consumo inutile.

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